venerdì 1 gennaio 2016

ZUPPETTA DI LENTICCHIE, FUNGHI E FARRO per celebrare l’anno nuovo e il calendario del cibo italiano.

Buon anno nuovo a tutti!
Spero che il 2016 sia ricco di belle novità o almeno sia più sereno e tranquillo di quello che lo ha preceduto.
Buoni propositi non ne faccio, tanto me li dimentico già dopo l’Epifania.
Come da un po’ di anni a questa parte ho festeggiato la vigilia di Capodanno in casa, in famiglia.
Quindi niente veglione di rito in locali esclusivi, dove per altro di solito si mangia poco e male, niente mega festa danzante in piazza, niente botti. Solo qualche piatto ben cucinato, le persone care e un bicchiere di buon vino italiano. Sul numero dei piatti e su quello dei bicchieri ci sarebbe da discutere, ma sorvoliamo.
Anche il primo dell’anno si preannuncia culinariamente impegnativo.
Ci sono piatti a cui proprio non ci si può sottrarre. Che fanno parte della nostra tradizione.
Uno per tutti è la lenticchia.





Legume solitamente ignorato e snobbato per quasi tutto il resto dell’anno, in questi giorni diventa protagonista delle tavole di festa. Perché porta bene. Porta soldi. E di sti tempi si tenta di tutto.
La diceria che le lenticchie portino fortuna pare risalga agli antichi romani, quando in occasione delle festività del primo giorno dell’anno, venivano regalate scarselle, borse di cuoio che servivano a contenere monete, piene di lenticchie perché questi legumi tondi e lisci ricordavano appunto le monete e l’augurio era che si potessero tramutare in denaro sonante.
Inoltre le lenticchie erano un alimento molto diffuso tra la popolazione più povera proprio per le elevate qualità nutritive e la conservabilità anche in pieno inverno, erano quindi sane, nutrienti e molto accessibili, quindi un bene prezioso nel lungo inverno per chi non poteva permettersi la carne. Quindi regalare lenticchie era anche augurare la pancia piena per il resto dell’anno.
Le lenticchie sono un legume molto antico, è una delle prime specie botaniche domesticate, cioè coltivate addirittura nel Neolitico, insieme a piselli, ceci, lino, farro e orzo.
Il suo consumo viene attestato da testimonianze rupestri, ma anche dal celebre episodio biblico della Genesi, in cui Esaù affamato cede la primogenitura al fratello Giacobbe in cambio di un piatto di lenticchie.
Nell’antica Roma le lenticchie erano un piatto del popolo, della mensa quotidiana, servite semplicemente lessate e condite con spezie, erbe aromatiche pestate, garum (acciughe fermentate) e mosto o miele. Come ci racconta Apicio nel De Re Coquinaria.
Oppure erano la base per corroboranti zuppe, insieme ad ortaggi e cereali.
Accenni al consumo delle lenticchie si trovano in molti autori latini, da Columella a Marziale.
Plinio il Vecchio afferma che “la lenticchia dà tranquillità di carattere a chi se ne nutre” (Naturalis Historia, XVIII) e io ho in mente giusto un paio di persone a cui le farei mangiare.
Ma le lenticchie non erano solo un prezioso alimento, secondo Ovidio potevano diventare anche un efficace cosmetico. Nel suo manuale di bellezza femminile, dà addirittura una ricetta per preparare una crema di bellezza portentosa, afferma che “Ogni donna che applicherà sul proprio volto questo cosmetico risplenderà più liscia del proprio specchio.” (Ovidio, Medicaminia facei).
La ricetta è spiegata benissimo, si tratta in breve di mischiare lenticchie, orzo decorticato e uova in pari quantità, far asciugare la poltiglia, macinarla a pietra “con la ruvida mola trascinata da un’asinella lenta” e mischiarla con miele, bulbi di narciso pestati al mortaio e corna di cervo triturate. Specifica però che devono essere “le prime corna che cadranno a un cervo dalla lunga vita”.
Già l’asinella lenta mi dava da pensare, ma dubito che riuscirò a trovare le corna di cervo cadute per prime. Comunque se dovessi trovarle magari ci provo, poi vi dico.
Pare anche che le lenticchie abbiano la capacità di irrobustire malati e anziani e risvegliare la virilità infiacchita. Lo dice nientemeno che Ippocrate, il padre della medicina.
Quindi signori miei, nel dubbio mangiatevi un piatto di lenticchie. Con lo zafferano magari perché lo stesso Ippocrate lo indica come afrodisiaco.

Che dite, vi ho dato abbastanza motivi per mangiar lenticchie anche nel resto dell’anno?
Oggi però ce n’è uno in più.
Oggi, e non poteva che essere altrimenti, è la GIORNATA NAZIONALE DELLA LENTICCHIA indetta da AIFB (l’associazione italiana food blogger) per il suo CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO. L’ambasciatrice del giorno è Maria Greco Naccarato.
Io ho pensato di festeggiarla  riadattando la classica zuppa di lenticchie che già compare nei ricettari di Apicio e compagnia (senza corna di cervo), mischiarla al risotto alle lenticchie di Gualtiero Marchesi (genuflessione), togliere il riso, mettere il farro che fa tanto Roma Antica, aggiungere un tocco delle mie montagne … insomma ho fatto un pastrocchio dei miei.
Però le corna di cervo …










Zuppetta di lenticchie e funghi con straccetti di farro.

Ingredienti:
100g di lenticchie,
20g di funghi porcini secchi,
1 scalogno,
1/2 costa di sedano banco,
½ carota piccola,
2 cucchiai di concentrato di pomodoro,
1 litro e ½ di brodo di verdure,
1 foglia di alloro,
2 foglie di salvia,
1 rametto di timo,
1 spicchio d’aglio,
100g di funghi surgelati porcini, misti o champignon,
olio extravergine d’oliva,
100g di farina di farro,
50g di farina 00,
sale, pepe.

Mettete in ammollo i funghi secchi in acqua tiepida per una mezz'oretta.
Lessate le lenticchie 20 minuti in acqua bollente, scolatele ancora piuttosto al dente e tenetele da parte.
Tritate finemente lo scalogno con il sedano e la carota, fateli soffriggere molto lentamente in due cucchiai di olio d’oliva, unite un mestolo di brodo caldo e lasciate che le verdure si ammorbidiscano.
Unite le lenticchie, i funghi strizzati e tritati grossolanamente, la foglia di alloro, il rametto di timo, la salvia e il concentrato di pomodoro, lasciate insaporire per qualche minuto. Aggiungete circa mezzo litro di brodo caldo (circa 4 mestoli) e fate sobbollire per 10 minuti circa finché le lenticchie sono cotte me non sfatte, aggiustate di sale e pepe.

Nel frattempo impastate la farina di farro con quella di grano, un pizzico di sale, un cucchiaio di olio d’oliva e acqua fredda quanto basta per avere una pasta morbida e liscia. Tiratela col mattarello in una sfoglia molto sottile, strappatela con le mani in piccoli straccetti.
Tuffateli nella zuppa e fate cuocere per 3-4 minuti.

A parte fate rosolare i funghi freschi o surgelati, tagliati a dadini o fettine, in una padella con uno spicchio d’aglio in camicia e poco olio d’oliva. Tenetene qualcuno per guarnizione e unite il resto alla zuppa.
Servite la zuppa nei piatti con un filo d’olio e qualche fettina di fungo cotto sopra.


Variante: potete servire al zuppa con delle striscioline di pancetta affumicata croccante oppure unire 2-3 fette di lardo battuto a coltello al soffritto di odori.









Informazioni prese da:
“La cucina degli dei” di Anna Ferrari (Blu edizioni)
Enciclopedia Treccani,
Le Garzantine Cucina,
Ovidio, Medicaminia facei
Apicio, De Re Coquinaria,
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia,
Wikipedia (ahimè si!)

3 commenti:

  1. Ora che mi ci fai pensare, noi non abbiamo mangiato le lenticchie O_o!! Ne rubo subito un po' da te e ti rinnovo i miei migliori auguri di felice inizio anno nuovo <3

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  2. Sei molto brava! Complimenti e buon anno!

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