giovedì 25 settembre 2014

LA RICETTA SVUOTA FRIGO.

Vi avviso subito: questa è una ricetta di una banalità estrema. Di quelle che prendi quello che trovi in casa, butti tutto in una pentola e amen.

Ieri non sapevo cosa cucinare. Ho aperto il frigo e scrutato dentro in cerca di ispirazione. Non avevo tempo per andare al supermercato, avevo un sacco di cose da fare a casa. Dopo giorni di pioggia finalmente è uscito un bel sole caldo, con una bella arietta tiepida e asciutta e visto che non so quanto durerà questo stato di grazia, non potevo permettermi di perdere neanche un minuto. Quindi si cucina con quel che c’è.
Dal cassetto delle verdure mi è giunto un richiamo accorato: c’era ancora qualche verdura dell’orto di mio padre che chiedeva disperatamente di essere usata.
Qualche melanzana, le ultime zucchine, un peperone, dei pomodori troppo maturi. Quando ti fissano con lo sguardo mesto e le orecchie piegate forse è il caso di rendere onore alla loro breve esistenza.

Nella tradizione ligure c’è un piatto che più di ogni altro serve a questo scopo: la Ratatuja.
O Ratatuille. Per dirla alla francese. Ma come ho già spiegato in questo post, per me è e rimarrà sempre un piatto ligure, nato al di qua del confine e emigrato poi in terra di Francia. I nostri vicini sono solo stati più furbi a farlo conoscere per primi, la Disney ha poi fatto il resto.
Nella ricetta di famiglia (è sempre meglio specificarlo quando si tratta di ricette regionali con mille varianti) sono previsti anche fagioli, fagiolini e qualche patata. Quindi diventa un piatto unico.
A volte però ometto le patate e lo accompagno con del cous cous  o del riso bollito.

Riso. Ho detto riso? Caspita il riso!! Come ho fatto a non pensarci prima.
Ma certo: il riso per l’MTChallenge di questo mese. Però devo attenermi alle tre tecniche di cottura suggerite da Acquaviva, la vincitrice della scorsa sfida.
Mi manca solo di fare il riso Pilav. E sia.

Questo metodo di cottura è tipico della Turchia e della Persia, ma si è diffuso in tutto il Medio Oriente e anche in India. Consiste nel rosolare il riso in un grasso, tipo burro chiarificato o olio, poi ricoprirlo con una dose di acqua o brodo pari al doppio del suo volume e farlo cuocere a fuoco dolce, coperto e senza mescolare, finchè il liquido non è perfettamente assorbito e il riso è cotto e ben sgranato, ma ancora un po’ al dente. Poi si fa riposare qualche minuto a fuoco spento e col coperchio. Al riso, in cottura, si possono aggiungere erbe aromatiche o spezie. Viene usato per accompagnare piatti di carne o pesce, di solito in umido.
Ma si possono aggiungere in cottura carne a pezzi, verdure, frutta fresca e secca. Diventa così un meraviglioso piatto completo.

Ho pensato di preparare quindi un riso pilav al pomodoro, anche questa ricetta appartiene alla mia famiglia, mia madre la faceva spesso. Veramente lei i risotti li fa quasi tutti così, senza sapere che sta facendo in realtà un pilav.
Effettivamente è un metodo di cottura molto furbo, il riso in pratica si cuoce da solo, una volta che si prende la mano con i tempi di cottura e qualità di riso, si ottengono dei “pseudo risotti” fantastici, solo un po’ meno amidosi e legati. Comunque si possono sempre mantecare alla fine con burro, formaggio o con una cucchaiata delle verdure usate in cottura frullate, come insegna mamma Mariangela: per esempio nel caso del riso con asparagi basta fullare un paio di gambi di asparagi cotti e usare questa cremina per mantecare il riso. Forse non sarà un metodo ortodosso ma voi lo sapete che io sono cintura nera di ricerca di scorciatoie ed espedienti vari.

Inoltre ho scoperto che questo Pilav al pomodoro appartiene anche alla cucina turca e persiana. Adesso comincio a capire questa corrispondenza di amorosi sensi verso queste tradizioni culinarie.

Però ho aggiunto anche le verdure e un po’ di Harissa, una deliziosa salsina di peperoncini che ultimamente non può più mancare nel mio frigo.
Quindi ho fatto come al solito un mix di ricette e ingredienti.

Le verdure le ho fatte un po’ rosolare a parte. Appena qualche minuto. Perché mettendole da crude nel riso avrebbero rilasciato acqua di vegetazione compromettendone la cottura, ma soprattutto perché volevo evitare l’effetto minestrone, volevo invece verdure cotte ma ancora sode e con un gusto ben definito.
 
 



 




Riso Pilav piccante al pomodoro con verdure.

Ingredienti per 6 persone:
400g- 420g riso Roma, o un altro riso superfino a chicco lungo,
1 scalogno,
1 cipolla rossa o un piccolo porro,
4 pomodori maturi da sugo,
2 piccole melanzane lunghe,
3 piccole zucchine chiare,
1 peperone rosso,
1 carota,
100g di fagiolini,
200g ceci lessati o in scatola (peso sgocciolato),
1 spicchio d’aglio,
1 cucchiaio di Harissa (salsa piccante marocchina).

Lavate e pulite tutte le verdure. Spuntate i fagiolini, spezzateli in due e scottateli per 5 minuti in acqua bollente salata, scolateli al dente.
Tagliate la carota a rondelle. Tagliate zucchine, melanzane e peperoni a cubetti di circa 2cm di lato, più o meno. Mettete le melanzane in un colapasta cosparse di sale e fatele riposare per mezzora circa in modo che perdano l’amaro.
Affettate la cipolla sottilmente e fatela rosolare in una padella antiaderente con due cucchiai di olio per un paio di minuti. Sciacquate le melanzane e mettetele in padella con le altre verdure a pezzetti. Unite anche i fagiolini.
Fate saltare le verdure per circa 5 minuti. Unite un pomodoro pelato e tagliato a pezzetti, non tritato. Regolate di sale e fate cuocere ancora 2 minuti, fate saltare a fuoco vivo. Le verdure devono essere rosolate ma ancora molto al dente.

Nel frattempo tritate finemente lo scalogno e fatelo appassire in una pentola con poco olio. Spellate i pomodori e frullate la polpa, unitela allo scalogno con uno spicchio d’aglio intero, fate prendere il bollore, salate leggermente poi unite il riso.
La polpa di pomodoro deve superare il riso di 2cm circa, se non è così unite dell’acqua calda o brodo vegetale caldo. Date una leggera mescolata, abbassate la fiamma al minimo, mettete il coperchio e cuocete per circa 10 minuti. Il riso deve essere ancora molto al dente e il liquido non deve essere ancora del tutto assorbito.

A questo punto unite le verdure rosolate e i ceci precotti, mescolate e cuocete coperto per altri 10 minuti, sempre al minimo. Spegnete e lasciate riposare per 2 minuti coperto prima di servire. Mantecate con la Harissa piccante.

È meglio dare alle verdure una breve rosolata in padella perché perdano in parte la loro acqua e non diventino molli, assumendo durante la cottura nel riso un aspetto e un sapore da minestrone.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 20 settembre 2014

RISO E MTCHALLENGE: SFIDA N°41 PARTE II (CON QUALCHE INTOPPO).

Seconda proposta per l’MTChallenge. Sempre sulle tecniche di cottura del riso. Questa volta ho utilizzato la cottura per assorbimento, che erroneamente viene chiamata cottura a vapore.
Sul perché e per come di questa tecnica vi rimando al post di Acquaviva scorre, che ha lanciato questa sfida. Di più non saprei aggiungere.

Per questa tecnica avevo in mente tantissimi piatti, soprattutto di ispirazione etnica. Potevo attingere alla cucina Giapponese, visto che questa è la cottura per il riso da sushi, ma non solo.
Poi mi sono riletta il mio prezioso libro di cucina mediorientale che già tante volte mi ha ispirato: La cucina del Medio Oriente e del Nord Africa della Roden.
Chi mi conosce sa che per me è come la Bibbia, dopo il Grande Ricettario di Marchesi.
Non sapevo veramente che fare. Imbarazzo totale.

Poi ho pensato che se avevo utilizzato la cottura al latte per un piatto salato, cosa un filino inconsueta, potevo benissimo usare la tecnica ad assorbimento per un dolce. Perché no?
Epifania improvvisa. La Roden mi è ancora una volta giunta in soccorso.
Perché c’è un dolce persiano che si fa più o meno con questa tecnica: il budino di riso alla persiana o Sholezard, che parte appunto da una base di riso cotto in questa maniera e insaporito con uno sciroppo di zucchero, zafferano e cannella. Messo a raffreddare e cosparso di mandorle. Eureka. Di nuovo. Sto vivendo momenti di visioni mistiche.

Però mi sembrava che mancasse qualcosa. Un’idea in più, un contrasto per l’accompagnamento. Ma soprattutto un’idea di presentazione un po’ più raffinata, per quanto mi sia possibile.
È un dessert. Richiede un minimo di eleganza in più.
Così sono andata a consultare i maestri pasticceri. Quelli dell’Enciclopedia “Pasticceria d’Autore” che non mi hanno deluso. Anzi. Ho preso spunto da una ricetta di Andrea Berton per creare una mousse di riso un po’ più soffice del budino persiano, sostituendo però la panna al mascarpone. Ho copiato quasi fedelmente la gelatina al te. Quasi. Non sia mai.
Pescando ancora qua e la ho trovato la frutta secca caramellata e i biscottini di riso.

Adesso che ci penso questa ricetta è praticamente priva di glutine e se si sostituisce panna, burro e yogurt con i corrispondenti vegetali diventa anche senza lattosio.
Non ci sono nemmeno troppe uova, solo un albume, quindi anche il colesterolo è piuttosto sotto controllo. Più o meno.
Oddio starò mica diventando virtuosa?

Urge subito un panino col salame. Presto.

Intanto che mi preparo il panino vi racconto la ricetta. Racconto,  avventura, o piuttosto comica. Così se con la mia precedente proposta ho dato l’impressione di essere una blogger seria con questa la smentisco subito.
 
 
 
 
 
 




MOUSSE DI RISO ALLO ZAFFERANO CON GELATINA AL TE VERDE SPEZIATO E FRUTTA SECCA SABBIATA.

Ingredienti per 6 persone:

Per la mousse di riso:
80g riso Originario,
50g zucchero,
1 bustina di zafferano in polvere,
2 cucchiai colmi di yogurt bianco intero compatto,
1 foglio di gelatina,
100ml panna montata.

Mettete il riso in una ciotola e copritelo con abbondante acqua fredda, rimestate finchè l’acqua non diventa bianca. Scolatelo in un colino a maglie fitte e sciacquatelo sotto l’acqua corrente. Ripetete l’operazione altre due o tre volte finchè l’acqua non diventa limpida.
Lasciate poi il riso nella ciotola coperto di acqua fredda e pulita per almeno 30 minuti.
Scolatelo nuovamente e mettetelo in una pentola di acciaio a fondo spesso, coprite con acqua fredda in pari volume o poco più, deve superare il riso di circa 2cm.
Quando l’acqua bolle coprite la pentola con un coperchio pesante, avvolto con un telo pulito in modo che le gocce di condensa non ricadano nella pentola e lasciate cuocere a fuoco dolce per almeno 10 minuti. Non occorre mescolare.
Passato questo tempo si spegne e si lascia riposare per altri 10 minuti senza aprire, così il riso finisce di cuocere a vapore e l’acqua si assorbirà tutta.

Qui devo confessare la verità: io non ho usato il riso Originario che sarebbe risultato più legato e cremoso, ma il Roma. Perché mi sono sbagliata. Ho confuso i sacchetti. Il fatto è che mentre stavo prendendo il riso per pretrattarlo è suonato il telefono e quindi mi sono distratta. Ho continuato a parlare col telefono incastrato alla spalla anche mentre lo  pesavo, lo mettevo in acqua e lo sciacquavo ripetutamente. Visto che dall’altra parte c’era mia madre che è in grado di parlare ad oltranza per giorni, credo di essere andata avanti anche per buona parte dell’ammollo. Mi sono accorta dell’errore solo quando finalmente l’ho messo in pentola e l’ho guardato bene. Ma ormai era tardi e ho continuato la ricetta. Non ne ha sofferto molto, soltanto i chicchi, più grossi, si percepiscono di più nella crema finale.
 
 
 

Mentre il riso cuoce, sciogliete lo zucchero in 1dl scarso di acqua, fate sobbollire un paio di minuti per ottenere uno sciroppo, stemperatevi lo zafferano.

All’inizio volevo mettere solo mezza bustina perché il sapore dello zafferano tende a prevaricare e diventa stucchevole nei dolci, per i miei gusti. Ma oggi non era giornata evidentemente e quando ho aperto la bustina in pratica è esplosa e ci è finito tutto. La crema ci ha guadagnato in profumo e colore, ma per me si sente troppo al gusto. Vedete voi.

Versate lo sciroppo nel riso cotto, meno un cucchiaio, e fate cuocere a fuoco dolcissimo mescolando per un paio di minuti, il riso deve assorbire lo sciroppo e deve essere ben legato.
Sciogliete la gelatina, ammollata e strizzata, nello sciroppo rimasto e unitela al riso.
Lasciar raffreddare bene e incorporare lo yogurt, che fortunatamente stempera un po’ la dolcezza dello zafferano, e la panna montata con un pizzico di sale.
Mettete in frigo a raffreddare bene.

Per la gelatina al te verde speziato.
2 bustine di te verde aromatizzato con anice e cannella,
200ml acqua bollente,
1 cucchiaino colmo di zucchero,
3 fogli di gelatina (circa 5g).

Lasciate in infusione il te nell’acqua bollente per circa 5 minuti, eliminate le bustine e zuccherare. Sciogliete la gelatina nel te caldo e lasciate raffreddare a temperatura ambiente


Per la frutta secca sabbiata:
100g di frutta secca sgusciata (mandorle, pistacchi, noci, ecc)
2 cucchiai colmi di zucchero semolato,
1 cucchiaio colmo di zucchero di canna,
1 cucchiaio di acqua.

Tostate per un paio di minuti la frutta secca in un padellino antiaderente. Toglietela e mettete nello stesso padellino tutto lo zucchero e l’acqua. Fate sciogliere lo zucchero finchè inizia a bollire e diventa biondo chiaro. Unite la frutta ancora calda e mescolate molto bene.
Fatela cuocere mescolando un paio di minuti. Lo zucchero non caramellizzerà ma pian piano si attaccherà alla frutta come fosse della sabbietta croccante. Questo perché lo zucchero di canna non forma un bel caramello liquido come l’altro zucchero, ma rimane sabbioso.
Versate su un vassoio coperto di carta forno cercando di dividere bene la frutta. Fatela raffreddare.
Potete preparare la frutta secca in anticipo e, una volta fredda, tenerla in un vaso di vetro. Potete “sabbiare” anche cereali soffiati e mescolare tutto in una sorta di musli.

 
Biscotti di riso:
125g farina di riso,
25g fecola di patate o amido di mais,
100g mandorle pelate,
100g zucchero semolato,
100g burro,
1 albume,
1 pizzico di sale.

Si possono fare in anticipo. Io li ho fatti la sera prima.
Tritate finemente le mandorle con lo zucchero. Impastate tutti gli ingredienti fino ad ottenere una pasta omogenea e morbida. Avvolgetela con la pellicola e mettere in frigo almeno mezz’ora.
Stendete la pasta sottile nella spianatoia, ricavate dei biscotti di forma a piacere.
Per ottenere i cucchiaini, in mancanza di stampini appositi, disegnate la forma in un cartoncino, ritagliatelo e avvolgetelo nella pellicola per alimenti. Usatelo tipo stencil.
Infornate i biscotti a 200° per 8 minuti. Devono appena dorarsi. Fate raffreddare.

Questi biscotti sono molto leggeri e friabili. In pratica si sbriciolano anche a guardarli troppo. Meglio fare in fretta a mangiarli.
In verità tendono a sbriciolarsi anche da crudi, quindi consiglio di lavorare l’impasto il meno possibile e quando è ben freddo. Insomma non si presta tanto per giocare con le formine.
Un metodo pratico è quello di staccare piccole porzioni di pasta, fare delle palline e schiacciarle con un dito formando una fossetta che si potrà riempire a piacere di confettura.

Io ne avevo fatto qualcuno così, ma il Mr. Bean che è in me si è risvegliato: ho infornato i biscotti poco prima di cena, questo vuol dire che mentre cuocevano ho avuto la brillante idea di apparecchiare, frullare il minestrone e dar da mangiare al cane … dire che mi si sono cotti troppo è un eufemismo! Ma il tempo comico lo ha avuto mio marito, che ormai è food blogger inside. Quando li ha visti, ben coloriti, con aria serissima (giuro che non scherzava) mi fa:”Posso assaggiarli o li devi fotografare?”. Secondo voi cosa gli ho risposto?
Ma non è colpa sua poverino, è che ormai è diventato un automatismo, hanno tutti paura di assaggiare senza permesso.

Montare il dolce:
distribuite la frutta pralinata in 4 bicchieri o coppette di vetro, mettete sopra la mousse e cercate di livellarla battendo leggermente il bicchiere.
Versate nei bicchieri la gelatina formando uno strato uniforme sopra la mousse.
Mettete in frigo a solidificare per almeno due ore.
Completate con qualche mandorla e pistacchio sabbiato.
Servite con i biscotti di riso.




E qui come vedete dalle foto, casca l’asino. Dov’è lo strato uniforme e lucido di gelatina?
Non c’è, o meglio la gelatina c’è ma in cubetti. Perché a me in realtà Mr.Bean fa un baffo.
Mentre preparavo la gelatina il mio augusto consorte ha chiamato dicendo che non poteva andare a prendere il pupo a scuola. Quindi sono andata io, di corsa per giunta perché mancavano 10 minuti alla campanella. Ho spento i fornelli, ma ho lasciato la gelatina nel pentolino al suo destino. Tornata a casa nella fretta di approntare il pranzo mi sono scordata di versare la gelatina sui bicchieri. Veramente non mi ricordavo nemmeno più della sua esistenza. Mi è venuta in mente solo quando ormai si era solidificata in uno strato lucido e tremolante delle dimensioni del pentolino: un aspic con tanto di cucchiaio di legno incastonato in mezzo come un diamante. O meglio come Excalibur, la spada nella roccia.
Che fare dunque? Ho dovuto sformare la gelatina in un piatto e tagliarla a cubettini che ho distribuito nei bicchieri con i pistacchi sablè. In fondo sono persino carini.

I lamponi li ho messi perché ci stanno bene, sia esteticamente che come abbinamento, mitigano il dolce della crema.

Tutto questo ieri. Mettiamoci che diluvia da giorni quindi la luce naturale per le foto va a farsi friggere. Non che faccia molta differenza, tutto sommato. L’Helmut Newton che è in me è andato a farsi un giro da tempo ormai. S.Picasa protettrice delle food blogger pensaci tu!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


mercoledì 17 settembre 2014

SUA MAESTÀ IL RISO, IL PRINCIPE DI SALAPARUTA E PELLEGRINO ARTUSI.

Questa volta la sfida dell’MtChallenge è più che mai interessante. Perché mi ha letteralmente aperto un mondo che conoscevo solo in parte o comunque solo in via teorica: il modo del Riso.
La maiuscola ci vuole perché si tratta di un alimento nobile e pregiato. Forse sottovalutato da noi occidentali, almeno oggigiorno, ma prezioso per tante popolazioni che lo hanno eletto ingrediente cardine della loro alimentazione. A volte anche l’unico, purtroppo.

Bene. Mi sono messa subito in cerca di tutto quello che potevo sapere del riso in tutti i miei libri di cucina. Ho fatto la brava alunna e ho diligentemente studiato per benino anche le dispense fornitemi dalle prof dell’MTC e ho capito che di riso conoscevo veramente troppo poco: ci sono veramente tantissime varietà, ognuna con caratteristiche organolettiche diverse, ognuna richiede trattamenti e cotture diverse. Di conseguenza esistono anche tantissimi modi per cuocere e cucinare il riso.

Se volete saperne di più vi rimando al sito dell’MTChallenge, dove troverete articoli interessantissimi, ma anche al sito di Acquaviva scorre, che è la promotrice di questa sfida e di riso ne sa parecchio.

Ovviamente ai fini della sfida, bisogna prendere in considerazione solo tre specifiche tecniche di cottura. Anche perché sarebbe improponibile riuscire a trattarle tutte.
E cioè la cottura Pilav, forse un po’ più nota, la cottura per assorbimento e la cottura al latte.
Io mi sono concentrata su quest’ultima. Per ora. Spero di riuscire a sperimentare qualcosa anche con le altre due. Vedremo.

La cottura al latte in realtà non mi è del tutto sconosciuta.
La crema di riso e latte è un dolce di tradizione antica. In Liguria, ma credo anche in molte parti d’Italia. Le mie nonne lo preparavano, non spessissimo perché in famiglia non era gradito a tutti, ma era comunque un piatto della nostra tradizione. In verità veniva preparato soprattutto ai bambini e ai convalescenti. Forse è per questo che è stato un po’ sottovalutato.
Ho rimuginato un po’ se fosse il caso di utilizzare questa tecnica come base per un dolce.

Poi mi è venuto in mente un piatto finlandese che avevo cucinato circa un anno fa, le Karjalanpiirakat, ovvero i pasticcini della Carelia, che sono delle tortine fatte con un guscio di sfoglia alla segale e ripiene di morbido riso cotto nel latte. Non si tratta di un dolce però, bensì di un piatto salato, un goloso antipasto da servire con panna acida al’aneto e aringhe affumicate. Queste sarebbero state perfette per l’occasione. Peccato che avendole già postate l’anno scorso non potevano essere più accettate. Pazienza. Se  non le conoscete e voleste sapere come sono, andate a vedere QUI.

Però mi è rimasta la voglia di utilizzare la cottura nel latte per un piatto salato. Pensa e ripensa. Scartabella libri e ricettari. Trovato. Eureka. Le bomboline di riso.
Sono così semplici e gustose. Ne parla anche l’Artusi. Ricetta n°30, se non sbaglio: “Minestra di bomboline di riso”.

Ecco che mi è sorto un dubbio: ma sarà valevole una minestra? Se avessi cotto il riso nel brodo certo che no. Ma qui in fondo le bomboline sono preparate a parte e il brodo è solo come accompagnamento. Praticamente è un condimento. Suvvia, fatemela passare.
Intanto io la presento lo stesso. Tutt’al più mi becco un asterisco, cioè un cartellino giallo.

Quindi via di bomboline. Che detto fra noi sono buonissime anche da sole, appena fritte, belle calde e croccanti, tipo crocchette. Con un bicchierino di Lumassina Spumante di Finale Ligure.
Una  goduria. Infatti friggevo e mangiavo. Ho dovuto impormi di smettere altrimenti non ne avevo per comporre il piatto.

Però per il brodo ho voluto cercare qualcosa di un po’ più particolare. In fondo è una gara e devo anche tirare fuori qualche carta buona.
Così sono andata addirittura a scomodare il Principe Enrico Alliata di Salaparuta (1879-1946) . Nonno della scrittrice Dacia Maraini e imprenditore enologico, ha ampliato la produzione del grande vino siciliano Corvo portando le cantine di Casteldaccia allo splendore che hanno tutt’oggi. Ma il nobile siciliano era anche un buongustaio: pare che amasse dare sontuosi banchetti per i suoi amici, dove presentava tutti i grandi piatti della cucina nobile del tempo, ma in versione vegetariana. Quindi false terrine di piccione, falso patè e così via.

Ha anche scritto un manuale di cucina vegetariana: CUCINA VEGETARIANA E NATURISMO CRUDO (Ed Sellerio). Dove c’è anche la ricetta del “brodo di finta tartaruga”.

Io non ho ancora il libro, l’ho ordinato ma ci vorranno ancora un paio di giorni. Ma la ricetta l’avevo memorizzata in uno dei miei quaderni, copiata da un vecchio giornale “La Cucina di Casa Mia”, se non sbaglio di una decina di anni fa. Non credo nemmeno che sia più in commercio. Almeno io non l’ho più trovato.
All’epoca avevo segnato la ricetta perché mi aveva colpito, ma non mi ero presa la briga di indagare oltre. Poi è arrivato l’MTC che mi ha fatto riaprire gli archivi storici ed eccola qua.
Occasione da non perdere per provarla. E per acquistare l’ennesimo libro di cucina.
Dovrò puntellare la libreria.

 

 

 


 

BOMBOLINE DI RISO IN BRODO DI FINTA TARTARUGA E FUNGHI.

Per le bomboline di riso:
100g di riso Originario,
½ litro di latte,
1 tuorlo d’uovo,
4 cucchiai di parmigiano grattugiato,
20g burro,
sale, noce moscata,
farina per la spianatoia,
olio di semi per friggere.

Scottare il riso per un minuto in acqua bollente, scolare e sciacquare sotto l’acqua fredda.
Mettete il riso in una pentola coperto con il latte bollente, unite una grattatina di noce moscata e un pizzico di sale. Cuocete a fuoco dolce, coperto, per circa 30 minuti: il latte si deve assorbire del tutto e il riso deve essere cremoso e quasi sfatto. Eventualmente unite poco latte bollente e proseguite la cottura di qualche minuto.
La ricetta originale, o meglio quella che conosco io, prevede di versare direttamente il riso nel latte bollente, senza sciacquatura o sbianchitura nell’acqua, ma qui ho voluto seguire la tecnica proposta da Acquaviva per la cottura nel latte e mi sono attenuta a quella.





Togliete il riso dal fuoco, conditelo con il burro, mescolando perché si sciolga bene e fate intiepidire. Incorporate l’uovo e il parmigiano. Eventualmente aggiustate di sale e noce moscata.
Versate in una spianatoia infarinata, lavorate brevemente con le mani aggiungendo se occorre poca farina. Resistete alla tentazione di aggiungere troppa farina altrimenti in cottura diventano gommose, se l’impasto è troppo morbido piuttosto aiutatevi con due cucchiaini, formate delle polpettine e passatele nella farina. Ricavate delle palline grosse come nocciole o poco più, infarinatele e mettetele in un vassoio.




Scaldate abbondante olio di semi (per friggere io uso l’olio di arachidi che ha un punto di fumo più alto) e friggete le bomboline poche alla volta, dorandole in modo uniforme. Scolatele su carta assorbente.

Servitele subito con una tazza di brodo fumante.
(Consiglio di farne qualcuna in più, aumentando le dosi, perchè è praticamente impossibile resistere alla tentazione di mangiarle al naturale )




 

Brodo vegetariano di finta tartaruga
(ricetta di Enrico Alliata, duca di Salaparuta)

Ingredienti per 4 persone:
1,5lt di brodo vegetale,
una manciatina di funghi secchi,
un piccolo tartufo nero (io non l’avevo e ho usato un cucchiaino di salsa di tartufo)
1 ciuffo di prezzemolo, 
4 foglie di basilico,
2 foglie di salvia,
2 chiodi di garofano,
1 rametto di timo,
2 foglie di alloro,
noce moscata, 2 grani di pepe nero,
Marsala secco,
1 cucchiaino di fecola di patate,
il succo di mezzo limone,
pepe di Cayenna,
burro, sale.

Per fare il brodo saporito mettete 2 coste di sedano con le foglie, 1 carota, 1 cipolla, aglio, 3 rametti di prezzemolo, una zucchina e due foglie di bietola o verza o lattuga in abbondante acqua fredda (circa 3 litri). Io metto anche una falda di finocchio con la barbetta. Portate a bollore e fate bollire dolcemente per 1 ora e mezza circa, deve restringersi, poi filtrate. Non salate.

Versate il brodo in una pentola, mettetevi le erbe aromatiche e le spezie chiuse in un sacchetto di garza, fate bollire a fiamma dolce per 30 minuti.

Ammollate una manciata di funghi, strizzateli e tritateli grossolanamente, uniteli al brodo insieme a un pezzetto di tartufo. Tenete da parte il resto per guarnire. Se non avete il tartufo mettete un cucchiaino di crema al tartufo che si trova in vasetto al supermercato.

Aggiungete una spruzzata di Marsala, un cucchiaino di fecola stemperata in poca acqua o brodo e il succo del limone. Aggiustate di sale.
Io non ho messo tutto il succo del limone perché mi sembrava andasse a coprire troppo gli altri sapori. Ne ho messo giusto un cucchiaio.
Fate sobbollire il tutto per 8 minuti, profumando con una spolverata di pepe di Cayenna. Eliminate il sacchetto.

(Potete servire il brodo con crostini di pane, quadretti di frittata di uova  e erbette aromatiche tritate o con crespelle tagliate a listarelle, tipo tagliolini. Potete servire con Pasta Reale a cubetti.)

Per completare:
300g di funghi champignon o porcini,
1 spicchio d’aglio in camicia,
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva.

Affettate o tagliate i funghi a cubetti, dopo averli ben puliti. Fateli rosolare in padella con aglio e olio, spruzzateli con pochissimo brodo e fate asciugare bene. Devono essere cotti ma sodi, non sfatti. Eliminate l’aglio e tenete in caldo.

Completate il piatto:
versate il brodo nelle scodelle, unite le bomboline calde e i funghi rosolati. Eventualmente completate con il tartufo a lamelle. Ma vanno benissimo anche delle scaglie di parmigiano.





 


Se volete alleggerire il piatto potete infornare le bomboline per 10 minuti a 200° con il grill, devono essere ben dorate.
Un’alternativa più pratica consiste di far cuocere le bomboline direttamente nel brodo in leggera ebollizione per un paio di minuti. In questo modo sono senz’altro più leggere ma perdono la croccantezza. Io ve la do come alternativa light ma fritte sono tutta un’altra cosa.